Buongiorno con la prima pagina di oggi 28/05/2021

           

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L’ineffabile Calenda ormai fa tenerezza. E quei giornali o tivù che danno spazio a questo marginale Bombolo perdente della politica mettono quasi più malinconia di lui.

Tra una presenza televisiva e l’altra, tutte peraltro efficacissime visto che continua ad avere quasi meno voti di Adinolfi, il sempre irrilevante Calenda è stato uno dei primi a usare sciacallescamente la “notizia” della “Raggi che non riesce neanche a seppellire Proietti”. Una “notizia” sparata dai soliti giornaloni che, pur di massacrare la Raggi, la accusano di tutto.

Piccolo particolare: era una fake news. L’ennesima stronzata inventata di sana pianta o giù di lì. Lo hanno ribadito oggi Ama e - soprattutto - la famiglia del grande Maestro Proietti.

Calenda, a RaiNews, aveva avuto il coraggio di sbraitare così: “È uno sconcio, si intitolano teatri e luoghi ma poi non si riesce a seppellire Gigi Proietti. In un Paese normale un sindaco si dimetterebbe. Un sindaco del Comune proprietario di Ama che gestisce i cimiteri con questo disastro viene fatto dimettere a furor di popolo (..) Se non riesci a seppellire i morti te ne vai”.

Testuale. Ora, dopo le parole della figlia del Maestro, Calenda dovrebbe come minimo sotterrarsi (metaforicamente, s’intende).

Sì, perché Carlotta Proietti ha così scritto e spiegato: “Vi informo che la notizia uscita su Repubblica ieri è una fake news. Abbiamo preparato immediatamente una smentita, congiuntamente con Ama e Roma Capitale, che pubblico qui sotto, e che non tutti hanno letto, evidentemente. Vi pregherei di non alimentare queste polemiche, inutili e dannose.

È stato evidentemente un attacco alla città, alla sindaca, fatto usando il nome di mio padre. Forse la cosa che fa più tristezza è quando ci si permette di dire “cosa avrebbe detto Gigi”. Bene. Nessuno può sapere cosa avrebbe detto, di sicuro posso dirvi che a lui Virginia Raggi piaceva, e non avrebbe “riso sornione”, non avrebbe preso in giro, non avrebbe ironizzato. Sicuramente si sarebbe informato prima di aprire la bocca e daje fiato”.

Ora: che Calenda, da sempre, apra la bocca solo per “daje fiato” è cosa nota. E i suoi risultati “politici” lo ribadiscono. Farà ridere tutti, come sempre, anche alle prossime elezioni romane, dove si candida sindaco all’insaputa dei romani (ed è un bene per lui, perché se i romani lo sapessero lo rincorrerebbero coi forconi).

Ma che troppi giornali, anche autorevoli, alimentino questo livello barbaro di informazione è davvero cosa avvilente. E pure “strategicamente” deficiente, perché così facendo regalano ulteriori consensi alla loro nemica preferita. Cornuti e mazziati (cit Andrea Scanzi )


Eran 300… e sono 350

Oggi non leggerò i giornali perché già so cosa scriveranno. Le stesse cose che scrissero quando Conte, a dicembre, annunciò una cabina di regia a Palazzo Chigi con il Mef, il Mise, 6 manager e 300 tecnici per vigilare sulle opere del Recovery, come richiesto a pagina 33 delle Linee guida dell’Ue. I renziani, inorriditi, bloccarono il decreto e lo tennero in ostaggio un mese e mezzo fino alla crisi di governo. “Abbiamo tagliato 300 parlamentari e ora mettiamo 300 consulenti?”, tuonò l’Innominabile: “Grazie a noi il Parlamento non sarà commissariato”. Salvini: “Ma siamo matti, una task force di 300 persone?”. La Casellati: “Sul Recovery nessuna cabina di regia o gruppo di esperti può sostituirsi al Parlamento”. E il Sole 24 Ore: “Incredibile ma vero. Sei super manager e 300 tecnici per i fondi Ue”. Messina su Repubblica: “Più o meno gli stessi poteri che avevano i quadrumviri nell’ottobre del 1922: i quadrumviri di Mussolini alla marcia su Roma”. Sempre su Rep, Bei seppelliva “la prova muscolare (già fallita)… con quella pletora di manager che avrebbero commissariato di fatto sia i singoli ministri che la Pa”. Sul Corriere, Polito el Drito definiva “quasi una beffa la cabina di regia con 300 tecnici”. E Fubini: “Renzi non è il solo a trovare fuori luogo il tentativo di Conte di accentrare il controllo dei fondi”. Di nuovo il Rignanese: “No a inutili task force. Abbiamo fatto nascere questo governo per togliere i pieni poteri a Salvini, non per darli a Conte”. E Faraone, a pappagallo: “Basta con questi metodi. Abbiamo evitato che Salvini prendesse i pieni poteri, ma non per darli a Conte”. E Rosato, a stampino: “No a un esercito di burocrati al posto dei ministri”. Geremicca sulla Stampa: “Una piramide che Conte ha maturato in assoluta solitudine”. Le Brigate Partigiane De Benedetti dalla clandestinità, cioè su Domani: “Conte ha provato a prendersi quei ‘pieni poteri’ che il Parlamento ha negato a Salvini”. E l’emerito Cassese, sulle barricate: “Troppi poteri a una sola task force incomprensibile. È una soluzione rococò, denota sfiducia nello Stato”. L’Innominabile in tournée sul Paìs: “Conte non ha il mojito ma vuole pieni poteri come Salvini”. Poi, con un gesto estremo, ritirò le due ministre per salvarci dal “vulnus democratico” del tiranno Giuseppi che “vuole pieni poteri che non gli consentiremo e gli chiediamo di rispettare la Costituzione”.

Ora il dl Semplificazioni di Draghi prevede una cabina di regia a Palazzo Chigi per vigilare sulle opere del Recovery con non 300, ma “350 collaboratori, consulenti o esperti, anche estranei alla Pa”. E adesso chi li sente i due Matteo, i renziani sfusi, i Cassese, i Messina, i Fubini, i Bei, i Polito, i Geremicca e i debenedettini? Anzi, chi li ha sentiti?

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