Uno studio rivela cosa vede chi si trova a un passo da morte

I progressi nella rianimazione e nella medicina di terapia intensiva hanno portato a un aumento significativo nel numero di persone in grado di ricordare esperienze di pre-morte DA HuffPost Italia

           

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E questo spiegherebbe, antropologicamente, assieme ad altre esperienze "mistiche" indotte da privazioni oppure somministrazione di sostanze, la nascita della religione, come manifestazione di una ricerca di senso (perché viviamo? A che scopo oltre la nostra sopravvivenza?) ma anche di significato (l'esistenza di Dio) e di una "implicazione etica" (se esiste dio allora esiste anche una giustizia superiore alla nostra). È ragionevole credere che, assieme a tanti altri meccanismi di difesa (psichici e fisici) evoluti in milioni di anni, il cervello (i neuroni organizzati in sistema, per meglio dire) abbia sviluppato una "strategia" che ci consenta (consenta alla auto-coscienza) di sopportare l'ultima esperienza, quella definitiva, prima del totale annullamento. Io credo sia un meccanismo psico-biologico, un ultimo aiuto che il nostro corpo ci dà, un ultimo sostegno per accompagnarci nella fine di tutto (invece di avere coscienza di ciò che sta davvero accadendo, con terrore e angoscia, si accede ad una dimensione interiore di "abbandono" e accettazione della morte).


Roberto Devigili
Se precisi la domanda, provo a risponderti.
Faccio, intanto, un tentativo, per il caso che fosse quello che intendevi chiedere.
Ci sono state volte, nella mia attività di arrampicatore in roccia, in cui sono arrivato al limite, certo che nel giro di secondi sarei "volato", probabilmente morto. Poche, perché sono prudente; ma ci sono state.
Ecco, in quei momenti la mia reazione è stata quella descritta.
Se invece (sorry, non ho letto l'articolo) ti riferisci alle storie, più o meno mistiche e fantasiose, di morti apparenti in ospedale, allora hai ragione: la mia storia non c'entra proprio niente.