1ºNella scuola, così come è strutturata oggi, il merito è purtroppo troppo spesso legato all'ambiente socio- culturale di provenienza e sempre per come è strutturata la scuola ( programmi, criteri di valutazione e formazione delle classi, struttura orario, spazi e strumenti di lavoro, percorsi didattici ecc...) è molto difficile scardinare le disuguaglianze di partenza. Parlare di merito in senso lato, senza declinarne il significato contestuale ( merito= impegno indipendentemente dai risultati? Merito= livelli di prestazione? E in tal caso, prestazioni di quale tipo? In quale ambito?) non ha alcun senso. Inutile parlare di merito senza prima aver chiaro di cosa si sta parlando e soprattutto senza prima aver creato le condizioni che permettano di limitare le disuguaglianze di partenza nel raggiungimento degli obiettivi e nella valutazione dei risultati
2º Capisco che l'Italia sia la nazione per eccellenza delle contraddizioni e questo molto dipende dal fatto che non c'è onestà intellettuale piuttosto c'è una linea da seguire di partito , ma fino a 20 giorni fa , era un pensiero condiviso all'unanime che questo non fosse un Paese che riconosceva i meriti.
Ricordo gli slogan: "meritocrazia , questa sconosciuta".
Il diritto allo studio e l'accessibilità ad esso è sacrosanto - l'unica volta in cui ho dato ragione a Letta è stata quando ha detto che voleva portare l'obbligo di studio almeno fino a 18 anni- ma non deve essere confuso con il principio che è giusto che chi è più bravo di me, meriti un riconoscimento a differenza mia. E così dovrebbe essere anche nel mondo del lavoro, ma noi sappiamo che non succede.