Giorgio Minisini: "Sapevo che in ogni incontro avrei sempre dovuto dimostrare la mia eterosessualità, la mia mascolinità"

Il campione di nuoto sincronizzato si racconta: "Ho scoperto di essere depresso e ho iniziato a curarmi. Oggi ho imparato a gestire tutte quelle emozioni che prima mi erano sconosciute, perché i miei sentimenti erano variazioni di un medesimo trittico: paura-senso di colpa-tristezza. Ho iniziato la terapia cercando strumenti per smettere di fare del male agli altri. E così ho scoperto che posso anche smettere di fare del male a me stesso"

           

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Quando avrete smesso coi commenti imbarazzanti, sappiate che è proprio quello il rischio per un "maschio" che vuole intraprendere una carriera nel nuoto sincronizzato, mio figlio piccolo ha iniziato anche lui pieno di gioia e voglia di fare.
È bastato un anno e mezzo, per ridurlo in lacrime e costringerlo ad abbandonare un ambiente dove veniva continuamente vessato non solo da altri "maschi" ma anche dalle altre atlete "femmine" e da parecchi genitori nel pubblico, per non parlare dell'assoluta indifferenza dei centri sportivi dove mai e dico mai è stato previsto uno spogliatoio per lui.
In quel periodo mio figlio scrisse anche, via Facebook, al profilo di Minisini, che rispose tranquillizzandolo, confortandolo e spronandolo a combattere tali stereotipi.
Ora è uno dei più forti rugbisti della sua squadra e negli spogliatoi non vola una mosca, solo perché il rugby è considerato uno sport "macho"
Vergognatevi.




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