Corrado Guzzanti: “Il politicamente corretto sta uccidendo la comicità”

"Il politicamente corretto oggi rende il lavoro difficile a tutti. Il principio per cui devi censurare qualunque cosa possa offendere una minoranza non può funzionare, non si può pretendere. Il principio deve essere che se ti offendi è un problema tuo. Tutti sappiamo cosa realmente non si può fare e non si può dire, perché scandalizza noi per primi"

           

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Ci saremmo persi il ridere di noi stessi, il relativizzare i nostri codici d'onore, i nostri miti, i nostri tabù.
A qualunque ceppo della società apparteniamo, constatare che quello che ci sembra sacro, onorevole, corretto può anche apparire ridicolo è importante.
Non è un caso se per la prima volta dopo due secoli di immigrazioni in occidente abbiamo seconde e terze generazioni di ragazzi islamici molto più bigotte e fondamentaliste dei propri genitori. Nessuno gli ha mai mostrato che certi codici possono anche essere derisi.
Mentre abbiamo riso da sempre dell'immigrato meridionale, del picciotto e del boss mafioso, del matrimonio d'onore e della valigia di cartone.


Davide Cusano infatti, è una cagata propagandistica. Pare che la censura sia stata inventata oggi. Eppure ricordo Vittorio De Sica costretto, dopo Umberto D., a non fare più un certo cinema perché, a detta di Andreotti, metteva in cattiva luce il paese. Oppure Totò e Carolina stracensurati. De Andrè e Villaggio costretti a cambiare qualcosa di Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, oppure, Vecchione che non può dire prostituta in luci a San Siro ecc ecc. La censura è sempre esistita e sempre esisterà fin quando l'arte sarà qualcosa di legato e controllato dal potere. Non a caso, esistono due idioti come Pio e Amedeo che non mi pare siano censurati, magari criticati ma non censurati. Io farei vedere cosa significa censura a questa gente che, ormai, ha capito che per prendere visibilità sugli idioti basta fare la polemica contro questo fantomatico politicamente corretto. La vera censura, ad esempio, è quella che non si può proferire parola sulla Palestina che ti arriva subito il richiamo dalla questura. Nel loro caso, non mi pare succeda questo. Due domande me le farei, dunque. Ma questi, del resto, non pensano.




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