La fabbrica delle lauree facili: il longform sulle undici università telematiche

Oltre 140.000 studenti in più in dieci anni: per molti under 23 sono la prima scelta post-diploma. Poco importa se rispetto agli atenei tradizionali la qualità riconosciuta è inferiore

           

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Credo che il problema sia assai più complesso, rispetto all’analisi dell’articolo, e necessiti di un approfondimento capace di analizzare l’intero sistema di istruzione italiano. Rimanendo nell’ambito delle telematiche, anche queste, meriterebbero un’analisi più puntuale, necessaria per far emergere le differenze tra le stesse. Infatti, così come per gli atenei tradizionali, anche nell’ambito telematico vi sono enormi differenze tra università, dove possiamo ritrovare veri e propri atenei, per qualità complessiva, e laurefici a pagamento. Se, però, allarghiamo il campo d’analisi alle università pubbliche, anche qui evidenzieremo variabilità assai importante tra tutti gli indicatori e in generale, spesso, una qualità assai bassa nella preparazione dei neo dottori, in quanto tutto il percorso di studi è stato enormemente facilitato, per conseguire i risultati di efficacia posti quale obiettivo delle università. Ma questo fenomeno, ampliando ancor più il campo di studio, è ciò che già succede nella scuola secondaria e, a cascata, in quella primaria. Questo è il processo generato dal’introduzione dell’autonomia scolastica, alla fine degli anni ‘90, perché la stessa è garantita dai numeri degli iscritti e la valutazione degli stessi istituti è relativa al successo formativo degli studenti, ergo, tutto il sistema si è adeguato per il loro conseguimento.


Ennesimo articolo che come al solito generalizza alla grande, e condisce tutto con un “è colpa della destra”.

La realtà è che ad oggi per certe categorie di studenti, come gli studenti lavoratori in primis, le università telematiche sono l’unica strada per non cadere nei bizantinismi delle università tradizionali, che sono assolutamente insostenibili.

Mi chiedo come faccia un lavoratore che magari è in azienda dalle 8 alle 18:00 a recarsi contemporaneamente anche a lezione la mattina, e al corso monografico il pomeriggio, in più con ovviamente nessun scarico sui tomi da studiare una volta rientrati a casa. Tutto questo comunque non per garantire una adeguata preparazione, ma per soddisfare l’ego del barone di turno…


Roberta D'Amico guardi che "vedono video registrati" è il più delle volte lo stesso, anzi molto meglio, di "ascoltare le lezioni di un professore di un'università tradizionale".
Se per lei l'università è solo fare la lotta con i compagni per prendere i primi posti, occupando tutta una fila con i quaderni, perché altrimenti perde la vista seguendo le lezioni in una classe da 500 persone, con un professore che scrive con il gesso quando il sole riflette sulla lavagna, oppure quando mette delle slides piccole che neanche si vedono, allora sì sono d'accordo con lei.
Se invece lei va all'università per imparare qualcosa, allora la questione è un'altra. Però se ad un certo punto deve ricorrere ai libri, vuol dire che quello che le ha insegnato il professore non basta per passare l'esame e quindi c'è una carenza in un certo metodo.


Poco importa se gli atenei tradizionali non si curano del popolo dei lavoratori e di chi non può permettersi di studiare fuori sede. Poco importa se hanno velocemente cassato la possibilità delle lezioni da remoto per paura di perdere studenti in aula e di ledere un prestigio inesistente, con la scusa del rapporto personale con il docente, che in realtà manca quasi sempre. Poco importa, meglio versare fango sulle università telematiche, dimenticandosi che anche quelle tradizionali sono sempre più affollate di ignoranti, perché il livello della proposta didattica è penosamente basso già a partire dalle scuole secondarie di primo grado, e spesso già dalle primarie.


Silvio Cappelli conosco laureati capre in università pubbliche presi e messi in posti buoni e persone diplomate che potrebbero fare scuola a questi individui. Non esiste ora pubblico o privato valido o meno. Il discorso é ampio. Ci sono persone che non possono studiare e decidono di farlo una volta che hanno un lavoro e sono economicamente autonomi e per chi si sacrifica, leggere una affermazione così caustica ed assolutista é offensivo. Del resto so bene che cultura non vuol dire educazione, non vuol dire empatia, non vuol dire ampie vedute. Ci sono scuole pubbliche valide e scuole pubbliche con validitá 0. Idem per università. Solo fortuna nell'incontrare professori di spessore che sappiano "donarsi".


l’Europa ci chiede molti laureati in più, rispetto a quelli prodotti, al fine di raggiungere i numeri degli altri paesi. Bene, ma lo dicono che il numero di laureati negli altri paesi (per non parlare di UK e USA) è assai più alto per il fatto di avere permesso agli atenei online di produrre tante pergamene? Non citiamo i paesi che passano aggratis l’università, la sistemazione ed il vitto agli studenti. E poi al ministero va bene. Da noi fa scandalo quello che in Gran Bretagna è pura normalità e con quei titoli si ha accesso ad aziende private di primo livello. Altro che posto pubblico. L’Italietta dei rettori delle statali che rosicano per la emorragia di matricole.


Tony Baldanzosy ma per favore. Ci sono docenti preparatissimi ma devono adeguarsi alle richieste della società. Ormai se cercano di fare lezione di un certo livello si trovano un muro di genitori incapaci di accettare che l'apprendimento comporti uno sforzo, per non parlare del fatto che a causa dell'uso smodato della tecnologia i ragazzi non hanno più capacità di mantenere l'attenzione. I compiti a casa no perché "poverini si stancano", lezione frontale no perché "si annoiano", linguaggio tecnico o specialistico no perché "è elitario". Ormai è tutto fondato su progetti, progettini, flipped classroom, e qualsiasi cosa che sia alternativa allo stare sui libri e ci si ritrova con una percentuale imbarazzante di persone che non sanno leggere e comprendere un testo o formulare un pensiero complesso. Basti vedere la differenza tra i libri scolastici di 20 anni fa e quelli di oggi: è tutto semplificato, dal linguaggio ai contenuti. È colpa dei docenti?


L'equazione è semplicissima: per il mercato del lavoro italiano pubblico e privato, la laurea telematica è uguale alla laurea non telematca. Quindi, i giovani che sono furbi, perchè dovrebbero seguire il percorso più difficile? No, la risposta non è "in nome delle maggiori competenze". Quelle, secondo l'opinione comune, si acquisiscono sul campo (ma è davvero così?). Ergo, le telematiche crescono a dismisura. E all'estero? All'estero il datore di lavoro guarda con estrema attenzione all'Ateneo di provenienza. Che piaccia o no, le graduatorie stilate dalle principali agenzie di rating, sono un riferimento importante per cui esistono univesitá di serie A, B....


INVECE accedere, ad esempio, alla facoltà di Medicina dopo aver fatto un test di ingresso che solitamente supera nella maggior parte dei casi chi fa dei corsi di preparazione dal costo di 5.000/6.000€ presso quelle società che sono le stesse che hanno in appalto proprio le procedure dei test di ingresso, appannaggio di famiglie che poi hanno la possibilità di pagare questa preparazione, più le rette annuale di medicina (informatevi quanto costano anche le statali prima di scrivere) più l'affitto per i fiori sede, più la spesa (naturale) È MEGLIO????
Insomma secondo voi giornalisti la laurea deve rimanere una prerogativa di chi può permettersi sul gruppone tutto questo???? Tipo "caste"?????.....per capire!!!


10ºPunto di vista assolutamente personale il mio in merito.
Ho frequentato l’università statale dopo il mio diploma e adesso a distanza di svariati anni e con una mia attività, mi sono iscritta ad una telematica: non sono paragonabili e ritengo di poter aggiungere ovviamente.
Quello che si vive nell’università , tutto l’insieme eh dal pendolarismo (come nel caso mio) ai rapporti con altri studenti, dall’esame all ‘apprendimento é una cosa non vivibile con l’università telematica e dovrebbe essere la prima scelta per i giovani neo diplomati mentre per i lavoratori o per le persone un po’ più grandi la comodità di poter studiare incastrando tutto con i propri impegni é condizione irrinunciabile se si vuole intraprendere un percorso di studi.
Due cose diverse.