Morto mentre riparava un ascensore, i genitori: "La divisa antinfortunistica doveva comprarla lui, basta stragi per portare il pane a casa"

Antonio Pistone, 31 anni, lavorava per una ditta di manutenzione di ascensori. Durante un intervento in una palazzina di Aci Sant’Antonio, in provincia di Catania, è morto rimanendo incastrato tra la cabina e la porta di un piano. Il padre e la madre raccontano le condizioni in cui Antonio lavorava

           

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Andrea Salerno Scusatemi, non sono solito scrivere commenti perché noto troppa aggressività nelle risposte. Ma In questo caso sono d’accordo con Gabriele Corti. Ciò che è successo ti lascia attonito e vedere i suoi genitori in queste condizioni è straziante (forse i giornalisti dovrebbero avere un po’ più rispetto del dolore altrui), ma in questi casi non bisogna arrivare a conclusioni affrettate prima che la magistratura abbia accertato i fatti. Questo incidente mi ha fatto sorgere alcuni dubbi: come la signora dentro l’ascensore ha premuto un pulsante e l’ascensore si è mosso? non bisogna solitamente staccare la corrente prima di intervenire? la procedura è stata rispettata? Purtroppo spesso si da la colpa al sistema, ma la maggior parte degli incidenti avviene per il non rispetto delle procedure. Queste sono solo considerazioni… Ci sarà gente molto più competente che accerterà i fatti… almeno spero


Il tenore di alcuni commenti è raccapricciante. Adesso quando si muore sul posto di lavoro, per molti italiani, la colpa è della vittima. "Non metteva in atto le dovute precauzioni e poteva trovarsi un altro lavoro" scrivono alcuni. Vergognatevi!
Viviamo in un paese ricco di precarietà ed iniquità. La ricerca di un lavoro, persino il più umile, è soggetta a numerosi sbarramenti nel nostro paese e spesso le aziende non ottemperano all'osservanza delle normative vigenti.
Dobbiamo lottare per una presa di posizione da parte delle istituzioni, contro il lavoro nero, contro la precarietà e contro la mancanza di sicurezza. Dobbiamo lottare per un sistema più equo tra settore pubblico e privato, per una retribuzione giusta e garantita al lavoratore ogni mensilità.
Non si può morire per lavorare. Questo ragazzo e la sua famiglia meritano giustizia. Chi ha causato indirettamente la sua morte deve risponderne.


Maria Antonietta Partolino, non si tratta di disperazione, ma si tratta che certe persone non sanno cosa può accadere se non stai attento, e che altri possono fare non sapendo cosa stai facendo al lavoro, in quel caso bisogna chiudere la porta se sei da solo, e staccare la corrente prima che succede quello che succede, w poi in quei lavori si va semore in due in quel caso, poi lui non era un disperato, mi disouace x laccaduto ma ogni giorno ragazzi e uomini muoiono x nigligenza, come incidenti stradali in più dei casi danno colpa alle strade, ma colpa semore nostra se si va piano non succede nulla




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